Nel De Isaac et anima di Sant’ Ambrogio due fattori sembrano di particolare interesse: l’esegesi approfondita del Cantico dei Cantici, probabilmente sotto l’influsso di Origene, e il proposito più dichiarato di tradurre in chiave cristiana l’ideologia neoplatonica. Il genere letterario specifico del De Isaac è quello del „sermo suasorius” di tono didattico. Nello spiegare i versetti della Cantica Ambrogio segue gli stati d’animo dei due personaggi della Cantica, scrutandone l’intimo affettuoso colloquio.
Significativa risulta la struttura esterna del trattato ambrosiano. Eliminando infatti alcuni capitoli introduttivi di esegesi a Gen 24, e prescindendo anche da quelli riferitisi a Gen 25,22 ss e 26,18 ss, che sembrano interrompere l’ordine del discorso, si può facilmente cogliere il vero e proprio ordine del contenuto, che si snoda sempre in maniera commentaristica sul tema del rapporto Verbum-anima, secondo il Cantico dei Cantici.
Più difficile è cogliere invece un ordine logico interno alla struttura del periodo nella concatenazione dei suoi membri nel discorso immaginificativo di Ambrogio. Poiché, infatti, egli ritiene che il triplice modo di considerare la Sacra Scrittura (morale — naturale — mistico) ha un ruolo di primaria importanza, non crede di spezzare l’ordine della sua- soria passando da un tipo ad un’altro di esegesi.
L’ammonimento iniziale del De Isaac richiama l’uomo alla „cognitio sui”, che per i Padri è come la pedana di lancio ovvero il momento che spinge a percorrere nello stadio l’iter della salvezza. Ma che cosa è l’uomo? Ambrogio risponde senza esitazione secondo la dottrina del platonismo cristiano che lo lo è l’anima in quanto spirito creato da Dio. La persona dunque è tutta nell’anima, l’uomo ha il corpo, ma egli è la sua anima. Continuando il discorso sui rapporti dell’anima col corpo, Ambrogio precisa che l’anima è vivente (,,anima est vivens”, vedi De Isaac 2,4), perché come tale fu plasmatà da Adamo. Quanto al corpo, esso per se non sente ed è privo di vita, lo vivifica e lo governa l’anima.
La natura dell’anima e divina, immortale in quanto „fatta” direttamente da Dio. Essa raggiungerà in livello adeguato di perfezione nella misura in cui contrasterà la materia e rifiutando tutto quello che è eccessivo, mutevole e malvagio. Il mistero antropologico è da Ambrogio biblicamente identificato nella fuga saeculi comandata da Dio a chi si trova per sua natura coinvolto colla terra. La fuga non significa il lasciare la terra, ma il rimanere sulla terra e conservare la giustizia nella temperanza, rinunziando ai vizi e non all’uso delle cose corporee.
Questa concezione antropologica, ovviamente è la base dell’insegnamento morale, ascetico e mistico del Vescovo di Milano. In certo senso è seguito qui il cammino che l’anima intende compiere per raggiungere l’unione con Dio. Ambrogio indica l’obiettıvo e i mezzi che condurranno l’anima del battezzato a conseguire il fine col cuore di un padre buono e la sapienza di un maestro saggio.